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      - Tirati da banda, asinaccio, che questi tori ti faranno in pezzi. - Che osi tu dire, canaglia? rispose don Chisciotte: che importa a me della forza dei tori, siano anche più feroci di quelli che nudrisce nelle sue rive lo Sciarama? Malandrini, confessate anche a squadrone serrato ch'è vero quanto ho poco fa pubblicato, o vi sfido meco a singolar tenzone.»
      Non ebbe il vaccaio tempo di potergli rispondere, né don Chisciotte di ritirarsi ancorché avesse voluto: perché la truppa dei feroci tori e quella dei domestici capretti, con la moltitudine dei vaccai che li conducevano al paese dove seguir doveva una caccia nel dì seguente, passarono addirittura sopra i corpi di don Chisciotte e di Sancio, di Ronzinante e del leardo, facendoli tutti rotolare per terra. Sancio restò fracassato, don Chisciotte impaurito, pestò il leardo e Ronzinante non troppo cattolico. Finalmente, sebbene con non poca fatica, si rizzarono tutti, e don Chisciotte con gran fretta, inciampando qua e cadendo là, cominciò a correre dietro a quella mandra, ed a sclamare:
      - Fermatevi, aspettate, canaglia vera, che qua v'invita un cavaliere solo, che non viene a patti, né è del parere di quelli che dicono: Al nemico che fugge fagli il ponte d'argento.» Non per questo si fermarono i frettolosi corridori, né fecero più conto delle sue bravate che dei nugoli dell'anno passato. La stanchezza obbligò don Chisciotte a fermarsi, e più incollerito che vendicato, si sdraiò in mezzo alla strada, aspettando che Sancio e Ronzinante e il leardo lo raggiungessero.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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