Vennero, rimontarono a cavallo padrone e servitore, senza andare a togliere licenza dalla finta o contraffatta Arcadia, e con più vergogna che gusto, seguitarono il loro cammino.
CAPITOLO LVIII
STRAORDINARIO CASO CHE SUCCESSE A DON CHISCIOTTE E CHE PUÒ TENERSI IN CONTO DI VENTURA.
Don Chisciotte e Sancio per rimediare al polverio ed alla stanchezza di cui era stata cagione ad entrambi la ferocia dei tori, trovarono necessario il ristoro di una limpida e chiara fonte, al cui margine, lasciando in libertà senza briglia e senza cavezza Ronzinante e il leardo, si assisero i due bersagliati. Visitò Sancio la credenza delle bisacce, e cavò fuori quello ch'egli soleva chiamar camangiare; si risciacquò la bocca, e don Chisciotte si lavò il viso per lo cui refrigerio ravvivò gli spiriti affievoliti. Il grande dispiacere impediva a don Chisciotte di potersi cibare, e non osava Sancio toccar le vivande che aveva dinanzi per dovuto rispetto, aspettando che il suo signore vi mettesse mano pel primo.
Vedendo però che assorto nelle sue immaginazioni non curavasi di accostar pane alla bocca, cominciò (sovvertendo ogni genere di creanza) ad insaccare nello stomaco il pane ed il cacio che si vedeva dinanzi.
- Mangia pure, amico Sancio, disse don Chisciotte, sostenta quella vita che a te piucché a me piace, e lasciami morire sotto il peso de' miei pensieri e sotto quello delle mie sventure. Io nacqui, o Sancio, per vivere morendo, e tu per morire mangiando: e perché tu vegga che io dico il vero, considerami impresso nelle istorie, famoso nelle armi, ben creato nelle azioni, rispettato dai principi, tentato dalle donzelle, e al fine dei fini quando mi attendea palme, trionfi e corone guadagnate e meritate colle valorose mie imprese, mi vidi stamane calpestato, rotolato e pesto dai piedi di animali sudici e immondi!
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