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      CAPITOLO LXI
     
      LA VENTURA DELLA TESTA INCANTATA, CON ALTRE BAGATTELLE
      CHE NON SI PUÒ FAR A MENO DI NON RACCONTARE.
     
      L'ospite di don Chisciotte chiamavasi don Antonio Moreno, ed era cavaliere di affabili modi, ricco, saggio, amante degli onesti passatempi, il quale vedendosi in casa il cavaliere errante, pensò subito a qualche burla innocente per esercitarlo nelle sue pazzie: giacché non sono burle quelle che pungono, né vi ha passatempo che sia permesso se torna a danno altrui. La prima cosa che fece fu disarmare don Chisciotte e farlo vedere in pubblico con quel suo stretto e camozzato vestito (come lo abbiamo già altra volta descritto e dipinto) ad un balcone che corrispondeva sopra una strada delle più frequentate della città, a vista del popolo e dei ragazzi, che stavanlo mirando come fanno delle bertucce. Corsero nuovamente dinanzi a lui quelli dalle livree, come se a sola sua contemplazione e non per rallegrare quel dì festivo se le avessero poste indosso. Sancio era in somma gioia, sembrandogli, senza saperne il come, di trovarsi ancora alle nozze di Camaccio, o nella casa di don Diego di Miranda, o in un castello come era stato quello del duca.
      Furono in quel giorno a pranzo con don Antonio alcuni suoi amici, e tutti onoravano e trattavano don Chisciotte come cavaliere errante; della qual cosa egli andava sì gonfio, da non capire in se stesso. Le graziosità di Sancio furono tante, che stavano a bocca aperta ad udirlo i servi tutti di casa e quanti erano a tavola. Don Antonio gli disse: - Qua è stato riferito, Sancio mio buono, che voi siate amicissimo del buon mangiare e delle polpette a segno di metterne in serbatoio pel dì seguente, se ve ne avanzano.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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