» Si fece don Chisciotte a raccontare minutamente il successo del governo di Sancio; il che recò sommo piacere agli ascoltanti. Sparecchiate le tavole, don Antonio prese don Chisciotte per la mano, ed entrò con lui in una camera appartata, dove non era altro ornamento fuorché un tavolino che pareva di diaspro, coi piedi della stessa pietra, e in cui sopra base simile a quella che suole sostenere le teste degl'imperatori romani dal busto in su, stava collocata una testa che pareva di bronzo. Si mise don Antonio a passeggiare con don Chisciotte d'intorno alla camera e a raggirarsi presso alla tavola, e poco dopo disse: - Ora, signor don Chisciotte, che sono certo che nessuno ci ode o ci può sentire, e sta ben chiusa la porta, voglio narrare a vossignoria una delle più rare venture o, meglio dire, novità che immaginare si possano, a condizione però che vossignoria mi giuri che quanto dirò resterà depositato negli ultimi stanzini della segretezza.
- Lo giuro, rispose don Chisciotte, e per maggiore sicurezza vi metterò anche di più una lapide sopra, perché voglio che sappia la signoria vostra, signor don Antonio (già sapeva il suo nome), che adesso ella parla con tale persona che ha bensì orecchie per ascoltare, ma non lingua per favellare: sicché può vossignoria trasfondere nel mio ciò che richiudesi nel suo petto, e far conto di aver seppellito ogni cosa negli ultimi abissi del silenzio. - Sulla fede di questa promessa, rispose don Antonio, voglio che vossignoria resti trasecolato di quanto vedrà che sto facendo per procurar alcun alleviamento alle pene che provo, non avendo a chi versare in seno i miei segreti: che tali non sono da essere comunalmente confidati.
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