Passati due giorni, trattò il viceré con don Antonio del modo come Anna Felice e suo padre potessero restarsene in Ispagna, sembrandogli non essere inconveniente che dimorata vi fosse una giovine tanto cristiana ed un padre (a quanto pareva) fornito di sì buone intenzioni; si offerse don Antonio di recarsi alla Corte per trattare questo affare, dovendo già portarvisi a forza per altri suoi interessi, e fece credere che colà pel canale dei favori e dei donativi poteva condursi ogni difficile cosa a termine fortunato. - No, disse Ricotte, presente a questo discorso, nulla è da sperarsi dalle protezioni e dai regali, da che appresso il grande don Bernardino di Valasco, conte di Salazar, ch'ebbe dalla Maestà sua l'incarico del nostro bando, preghi non valgono, né hanno efficacia veruna le promesse, gl'intercessori e la compassione.
- Per concludere, soggiunse allora don Antonio, quando io sarò alla Corte userò le possibili diligenze: e faccia il Cielo ciò che più gli piaccia: ma intanto don Gregorio verrà meco a consolare il dolore in cui sono immersi i suoi genitori per la sua lontananza. Compagna di mia moglie resterà in casa mia o passerà in un monastero Anna Felice, e spero che piacerà al viceré di lasciare in casa sua il buon Ricotte fino a tanto che si vedrà l'effetto delle mie cure.»
Acconsentì il viceré a quanto venne proposto; ma don Gregorio, sapendo come andava la cosa, protestò alle prime che non voleva, né poteva a patto alcuno lasciare donna Felice, ma che intanto si sarebbe di buona voglia recato a rivedere i suoi genitori per trovare poi modo di venire per lei.
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