Rimasero Anna Felice colla moglie di don Antonio, Ricotte in casa del viceré e don Antonio partì. Dopo due giorni si misero in viaggio anche don Chisciotte e Sancio perché la caduta non permise a don Chisciotte di affrettare il suo cammino. Vi furono e sospiri e svenimenti e singhiozzi al dividersi di don Gregorio da Anna Felice, e Ricotte offrì a don Gregorio mille scudi se li bramava, ma egli non ne volle pur uno; soltanto se ne fece prestare cinque da don Antonio; promettendogliene la restituzione alla Corte. Con ciò partirono i due, e poco dopo don Chisciotte e Sancio, come si è detto: don Chisciotte disarmato, e Sancio a piedi, perché il leardo era stato caricato colle armi del suo padrone.
CAPITOLO LXV
TRATTASI DI QUELLO CHE VEDRÀ CHI LEGGE O SARÀ PER UDIRE CHI SI FARÀ LEGGERE.
Allorché don Chisciotte uscì di Barcellona, si voltò a guardare il sito dov'era caduto, e disse: - Qua fu Troia, qua la sventura mia e non la mia viltà mi tolse i trofei e le conquiste; qui la sorte usò meco de' suoi dritti e de' suoi torti, qua si oscurò la luce delle mie prodezze; qua infine cadde la mia ventura per non rialzarsi mai più.» Ciò udendo Sancio, soggiunse: - Tanto è da bravi cuori, signor mio, l'avere pazienza nelle disgrazie come allegrezza nelle prosperità: e questo lo sostengo per la mia propria esperienza, che se io stava allegro quando ero governatore, non mi abbandono però alla malinconia ora che sono scudiere e a piedi. Ho inteso dire che quella che si chiama Fortuna è femmina briaca e capricciosa, e soprattutto cieca, ond'è che non vede quello che fa, né sa chi abbatta o chi innalzi.
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