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      Ma di ciò non si parli più: e giacché si avvicina la sera, appartiamoci alquanto dalla strada maestra, e cerchiamo dove passare la notte, ché dimani Dio sa quello che sarà.» Si ritirarono, cenarono tardi e male, e ognuno pensi che ciò seguiva contro la intenzione di Sancio, il quale si ricordava tutte le angustie della errante cavalleria incontrate nelle selve e nei monti, che però vedeva talvolta temperate coll'abbondanza trovata nei castelli e nelle abitazioni sì di don Diego di Miranda, come nelle nozze del ricco Camaccio ed in casa di don Antonio Moreno. Considerando non essere possibile che sia sempre di giorno, né sempre di notte, si addormentò finalmente, lasciando in piena veglia il padrone.
      La notte era alquanto buia, benché la luna fosse in cielo; ma si trovava in sito da non poter essere veduta, perché la dea Diana se ne va talvolta a passeggiare agli antipodi, e lascia neri i monti e oscure le valli. Servì don Chisciotte alla natura, dormendo il primo sonno, che non fu però seguitato dal secondo, tutto al contrario di Sancio, che non fece mai un secondo sonno, perché cominciava la sera per finire la mattina: dal che conoscevansi e la buona complessione e i suoi pochi pensieri. Quelli che occuparono don Chisciotte furono tali da indurlo a svegliar Sancio, ed a dirgli: - Io resto stupito della indole di tua natura, o Sancio, e mi figuro che tu sii fatto di marmo o di bronzo che non ha movimento né senso alcuno: io veglio mentre tu dormi, io piango quando tu ridi, io svengo per lo digiuno, quando tu te ne stai a panciolle e senza far nulla per avere pieno il ventre; ma non sai che debbono i buoni e amorosi servi togliere sopra di loro le pene dei padroni, almeno perché si dice che hanno buon cuore?


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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