Sancio, udito questo, così ruppe il silenzio: - Tanto mi lascio schiaffeggiare il viso e tramenarmi la faccia come farmi moro; che ha da fare, corpo di... lo strapazzare la mia persona col far tornare l'anima in corpo di quella ragazza? Date da bere al prete, ché il chierico ha sete; incantano Dulcinea, e vogliono frustar me perché io la disincanti. Altisidora muore del male che Dio le manda, e risusciterà se mi daranno ventiquattro schiaffi, e faranno un crivello del mio corpo a furia di spille, e vogliono illividirmi le braccia di pizzicotti? Vadano a fare queste burle a tutt'altri, ché io sono cane vecchio, e da una volta in fuori non mi si mena mica pel naso. - Tu morrai, disse ad alta voce Radamanto; ammànsati, o tigre; umiliati, o superbo Nembrotte; soffri e taci, ché non si vogliono da te cose impossibili; né andar ad investigare quante spine abbia questo negozio. Hai ad esser schiaffeggiato, bucherato, pertugiato, e i pizzicotti ti hanno a far piangere: orsù, ministri, eseguite il comando, altrimenti io vi farò conoscere il vostro dovere.»
Parve in questo istante che si avanzassero per l'andito sei matrone processionalmente una dietro l'altra, quattro con occhiali, e tutte colla mano destra alzata con quattro dita di polso fuor delle maniche per fare più lunghe le mani, siccome è la costumanza di oggidì. Non le ebbe Sancio vedute appena, che muggendo come un toro, gridò: - Pazienza se mi malmenerà tutto il mondo, ma matrone no, no che non voglio esser toccato da matrone; non vi acconsento se il diavolo mi porti: e mi facciano graffiare il muso dai gatti, come al mio padrone, mi trapassino il corpo con punte di pugnali, mi attanaglino le braccia con ferri infuocati, soffrirò tutto con pazienza e servirò questi signori, ma non vengano a toccarmi matrone.
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Dulcinea Dio Radamanto Nembrotte Sancio Altisidora Pazienza
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