Tutte queste notizie furono causa delle bizzarrie del duca nel fargli le narrate burle: sì grande era lo spasso che si prendeva egli delle cose di Sancio e di don Chisciotte; ond'è che nelle lontane strade, per dove pensò che don Chisciotte dovesse passare, aveva inviati i suoi servi a piedi e a cavallo, affinché trovandolo, o per forza o per amore seco lo menassero al castello. Lo raggiunsero, e ne resero informato il duca, il quale disposto avendo ciò che immaginava di fare, non ebbe appena notizia del suo arrivo, che ordinò che fossero accese le torce e le candele dell'andito, e che Altisidora si coricasse sul catafalco con tutti gli apparati già descritti. Dice qui Cide Hamete Ben-Engeli che quanto a lui egli giudica senza esitare che fossero tanto pazzi i burlatori quanto i burlati, e che i duchi non erano due dita lontani dal meritarsi il titolo di balordi per quella loro grande smania di farsi giuoco di due scimuniti; i quali (per ritornare alla nostra narrazione) l'uno dormendo saporitamente e l'altro vegliando coi suoi fantastici pensieri, furono colti dal giorno e dalla voglia di alzarsi: ché le oziose piume, né come vinto, né come vincitore, piacquero mai a don Chisciotte.
Altisidora risuscitata, secondando l'umore dei suoi padroni, coronata colla ghirlanda medesima di cui era adorna sul catafalco, e vestita con tunicella di taffettà bianco seminata di fiori d'oro, coi capegli sciolti giù per le spalle ed appoggiata a bastone di nero e finissimo ebano, entrò nella camera di don Chisciotte.
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