Nacqui per essere di Dulcinea del Toboso; e i destini, se pure vi sono, mi hanno fatto per lei: ed è pensare all'impossibile l'immaginarsi che altra bellezza riesca ad occupare quella fede che a lei sola ho serbata: e questo vi serva di disinganno, ritirandovi nei limiti della vostra onestà, che nessuno si potrà mai obbligare a quello che non può essere.»
Sentendo questo, Altisidora fece vista di entrare in collera e di alterarsi, e gli disse:
- Viva Dio! don Merluzzo, anima di mortaio, nocciuolo di dattero, più ostinato e duro di villano pregato quando diventa cavaliero, che se io mi metto attorno ti cavo codesti occhiacci: pensi tu forse, signor don fracassato a bastonate, che io mi sia morta per causa tua? Tutto quello che stanotte hai visto è stato finzione, ché io non sono donna che per somiglianti capelli abbia a soffrire il dolore di un solo nero di ugna, non che morirmi.
- E io ne sono pienamente persuaso, soggiunse Sancio, che queste morti degli innamorati sono tutte baie: e possono bene decantarle, ma che poi le mettano in esecuzione credalo Giuda.»
Stando in questi ragionamenti, entrò il musico cantatore e poeta, che aveva gorgheggiate le due già riferite ottave, il quale, fatta a don Chisciotte profonda riverenza, disse:
- Mi conti vossignoria, signor cavaliere e mi tenga nel novero dei suoi più fidati servidori, ch'è molto tempo che io me le sono affezionato sì per la celebrità ch'ella gode come per le imprese che vanta.»
Don Chisciotte gli rispose:
- Mi dica la signoria vostra chi ella è, affinché la mia civiltà corrisponder possa ai suoi meriti.
| |
Dulcinea Toboso Altisidora Dio Merluzzo Sancio Giuda Chisciotte Chisciotte
|