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      Orsù, veniamo a patti, Sancio mio caro, guarda quanto pretendi, e frustati subito e pagati in moneta sonante, giacché tu hai i miei danari nelle tue mani.» Sancio spalancò gli occhi ed allungò il collo a questa offerta, ed in cuor suo stabilì di frustarsi di molta buona voglia, sicché disse al padrone: - Penso di dare gusto a vossignoria in quello che desidera con mio utile; perché l'amore che porto a Teresa Pancia ed ai figliuoli è causa che mi abbia a dimostrare interessato. Ora mi dica a quanto mi pagherà ogni frustata. - Se ti avessi a pagare, o Sancio, rispose don Chisciotte, nella misura che merita la grandezza e qualità di questo rimedio, sarebbero poca cosa i tesori di Venezia e le miniere del Potosi, ma fa conto su quello che tieni di ragion mia, e metti tu stesso la tassa ad ogni frustata. - Sono, rispose Sancio, tremila trecento e tante: cinque, me ne ho date a conto, e restano le più; e entrino tra le tante le cinque, e riduciamoli a tremila e trecento, che ad un quarticello per una (che non ne vorrei meno se tutto il mondo me lo comandasse) ammontano, per le tremila, a tremila quarticelli che sono mille e cinquecento mezzi reali, che vengono a formare settecento cinquanta reali, e le trecento fanno centocinquanta mezzi reali, che vengono ad essere settantacinque reali, i quali aggiunti ai settecentocinquanta, sono in tutto ottocento venticinque reali. Questi io li diffalcherò da quelli che tengo di ragione di vossignoria, e provveduto e contento tornerò in casa mia, comunque bene frustato; ché già non si può avere il male senza le mosche.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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