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      In una di esse era figurato da pessima mano il ratto di Elena, quando il perfido ospite la tolse a Menelao, ed in altra vedeasi la storia di Didone e di Enea, ella su un'alta torre in atto di far segno con un pannolino all'ospite fuggitivo, ed egli che andava navigando per mare su una fregata o brigantino. Notò Sancio nelle due istorie che Elena non andava di malavoglia, perché rideva di soppiatto e maliziosamente, ma che la bella Didone sgorgava dagli occhi lagrime grosse quanto una noce. Vedendo ciò don Chisciotte disse:
      - Furono sventuratissime ambedue queste donne per non essere nate nella età nostra, ed io disgraziato sopra tutti per non avere nella età loro veduto la luce del giorno: ché se io fossi stato a quei tempi, né arsa sarebbe Troia, né distrutta Cartagine, e solo che io avessi ammazzato Paride sarebbesi ovviate tante disgrazie.
      - Io mi farò turco, disse Sancio, se non accadrà fra alquanti anni che in ogni bettola, in ogni osteria, in ogni bottega di barbiere si avrà a vedere dipinta l'istoria delle nostre prodezze; ma vorrei che la dipingessero pittori più esperti di colui che ha sgorbiate queste.
      - Hai ragione, o Sancio, disse don Chisciotte, perché questo pittore è come Orbanescia di Ubeda, il quale interrogato che cosa dipingesse, rispondeva: Quello che verrà fuori; e se dipingeva un gallo vi scriveva di sotto: Questo è un gallo; affinché qualcuno non lo credesse una volpe. Ed a costui sembrami, o Sancio, che assomigliare si possa lo scrittore che mise in luce la storia del nuovo don Chisciotte, in cui è gettato giù tutto quello che dalla penna usciva, senza criterio; e si potrebbe anche dire ch'egli abbia fatto come un poeta che trovavasi alla Corte negli anni andati, chiamato Maulone, il quale rispondeva improvvisando a quante cose gli domandavano; chiedendogli un tale che cosa significasse Deum de Deo? rispose: Dia dove dia.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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