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      Il giudice provvide giuridicamente ed il notaio fece la dichiarazione colle forme. Rimasero allora molto lieti don Chisciotte e Sancio, come se quella dichiarazione fosse cosa per loro di somma importanza onde mostrare con ogni chiarezza la differenza fra i due don Chisciotti e i due Sanci, fra le loro opere e le loro parole.
      Si fecero molti complimenti ed offerte fra don Alvaro e don Chisciotte, e il gran Mancego mostrò la sua saggezza cavando don Alvaro dall'errore in cui stava, e facendogli credere di essere stato incantato, poiché toccava palpabilmente due don Chisciotti sì diversi l'uno dall'altro. Venne la notte, partironsi da quell'osteria, ed alla distanza di mezza lega presero due differenti strade, l'una che menava alla patria di don Chisciotte, l'altra che era quella intrapresa già da don Alvaro. Nel breve spazio di tempo che furono in compagnia, don Chisciotte confessò la disgrazia della sua disfatta e l'incanto e il rimedio di Dulcinea, cose tutte che accrebbero l'ammirazione in don Alvaro, il quale abbracciati don Chisciotte e Sancio, seguitò la sua strada. Don Chisciotte consumò la vegnente notte fra gli alberi, per dar campo a Sancio di compire la sua penitenza, che la terminò nel modo stesso dalla notte antecedente, più a spese delle cortecce dei faggi che delle sue spalle, le quali custodì con gelosia tale che le frustate non avrebbero potuto cacciare una mosca se vi si fosse posta. L'ingannato don Chisciotte non isbagliò nel conto di un solo colpo, e trovò che, con quelle dell'altra notte, sommavano a tremila e ventinove.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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