Ma si susurravano delle brutte storie: il fallimento di Toto Setoli, dopo due anni di abile concorrenza da parte dell'antico garzone; il suo schiattare di dolore e di rabbia. Prima di stender le gambe, gli era pure toccato di veder Ferramonti lasciare la botteguccia dirimpetto, per occupar da padrone quella dov'era entrato cascherino. Era stato il colpo di grazia. Setoli n'era morto mandando a Ferramonti mille maledizioni, predicendogli che nella nuova bottega appunto avrebbe trovato il suo castigo, se c'era una giustizia divina.
Gregorio ci aveva riso su. Il trasloco lo metteva all'onore del mondo. Riapriva la bottega rinnovata nell'arredamento di legno chiaro e nella scialbatura celeste nei muri; un lusso! Attirava maggior clientela mettendo al banco una moglie un po' piú attempata di lui; ma geniale, ridanciana, appetitosa e scaltra. Un altro pasticcio. La moglie, già vedova del cameriere di un monsignore, aveva portato a Ferramonti dei capitali d'origine misteriosa, e gli aveva regalato un figlio, dopo sette mesi scarsi di matrimonio. Ma se i maldicenti s'erano sbizzarriti, il fornaio aveva avuto ben altro pel capo a cui pensare! Gli piovevano le protezioni; si slanciava nella grande industria, approvvigionando seminari, conventi, educandati e caserme. Per anni ed anni, il forno Ferramonti aveva avuto un lavoro da sbalordire, conservando le sue apparenze modeste di bottega aperta nel cuore di un quartiere popolare.
Con tutto ciò, poco dopo il Settanta, senza che nei moventi della sua risoluzione entrassero i desideri di riposo di un trafficante arricchito, padron Gregorio si disfece del forno, concludendo bensí un affare vantaggioso.
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