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      N'eran nati litigi violenti, nei quali la signora Geltrude, la moglie di padron Gregorio, aveva dovuto sentirne dai figli d'ogni colore. Le avevano gettato in faccia le sue predilezioni per un birbaccione nato in casa per forza, chiedendole se non fosse per lui cosí tenera appunto perché le rammentava un passato non confessabile. E non era bastato loro che la povera donna ne morisse di vergogna: dopo aver spinto essi stessi il padre a cacciar via Mario come un cane, il loro odio s'era inasprito alla scoperta che il vecchio continuava a pagare i debiti del reietto.
      L'onore della famiglia!... Questa eterna scusa, facendoli andare in bestia, suggeriva loro risposte ciniche. Sarebbe stato curioso sapere a puntino che cosa ci avesse che fare la famiglia con quel furfante! Ciò che premeva, erano i suoi continuati ladrocini. Si facevano dei calcoli a memoria: mica Mario ci si era messo per scherzo! Si contavano a migliaia gli scudi carpiti da lui. E Pippo risparmiavasi il pudore delle perifrasi: c'era dunque un patto segreto per mantenere i vizi al bastardo? O forse padron Gregorio preferiva rendersi carnefice del sangue suo, per paura di dannarsi l'anima col lasciar andare in galera un maledetto figlio di prete?
      Infine, padron Gregorio si vide costretto a levarsi di fra i piedi anche il secondo rampollo. Gli dette tremila scudi in contanti perché andasse altrove ad aprirsi un forno per conto proprio. Ma ci guadagnò un nuovo dispiacere. Pippo, per fare appunto dispetto al padre, ebbe la matta idea d'impiegare i tremila scudi nell'acquisto di un negozio di ferrarecce a S. Eustacchio.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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