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      Il fornaio fu proprio per impazzirne. A inventarlo apposta, non ne sarebbe venuto fuori un affare piú sgangherato. Per compier l'opera, Pippo sposava anche la figlia del trafficante che lo aveva messo nel sacco, una smorfiosa che faceva la contessina, forse per dare a bere agli imbecilli che la sua miserabile famiglia aveva messo da parte qualche diecina di lire, oltre i tremila scudi truffati al bestione da essi raggirato!
      Allora, disilluso, il vecchio Ferramonti vendette il forno, gettandosi in una esistenza di sfaccendato che rimastica i propri dolori ed i propri rancori. Bastava parlargli dei figli maschi per fargli perdere il lume degli occhi: non voleva neppure udirne il nome; li malediceva, raccontando le loro infamie, ripromettendosi di fargliele pagar salate tutte in una volta. Era difficile prevedere in qual modo. Non cessava dall'amare il danaro e dall'accumularne, seguendo un gretto regime di vita, a malgrado delle sue ricchezze. I confidenti che si sceglieva pei suoi sfoghi di padre indignato, sogghignavano, pensando che le due perle di figliuoli avrebbero un giorno o l'altro, per tutto castigo, messo le mani sopra un gruzzolo capace di stuzzicar l'appetito anche agli stomachi meglio pasciuti. Ma taluno avvertiva, che Ferramonti, fiutando le buone occasioni, disfacevasi gradatamente dei beni stabili ch'era venuto acquistando col crescere della sua fortuna commerciale. Meditava certo qualche cosa: forse una donazione alla figlia dell'intero patrimonio convertito in capitali mobili, che si prestano a farne quello che si vuole con un semplice giuoco di mano, al momento opportuno.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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