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      Invece trovava un mondo nuovo. La voce fessa di Padron Giovanni gli lasciava indovinare lenocinî, trappole giuochi di prestigio, raffinatezze del mestiere, ch'egli non aveva neppur sospettato. Gli mancava tutta una iniziazione piena di difficoltà e di astruserie. Pensò di prendere il largo; ma era già troppo tardi per la parola impegnata e per le esigenze della sua vendetta contro il padre, che sarebbe mancata colla confessione di quel fiasco enorme.
      S'abbandonò al suo destino, persuaso che si legava al collo una pietra per affogar piú presto. D'altra parte, ripensandoci bene, una rovina gli avrebbe offerto il mezzo di giustificare una risoluzione chiassosa. Aveva bisogno di parer rispettabile; s'era per questo rassegnato allo sfratto intimatogli dal padre; ma certi istinti d'uomo brutale lo portavano spesso a fantasticare sinistre rivolte, che lo avrebbero rivelato terribile. Ebbene! ci provasse padron Gregorio a vedere il figlio suo ridotto agli estremi! ne sarebbero nate delle belle!...
      Tuttavia egli non voleva arrivare fino al punto di farsi derubare a man salva e burlare dai compratori. Piú in confuso, almanaccava che un uomo accorto può trovare la fortuna sotto l'affare apparentemente piú sgangherato. In ogni modo, bisognava bene trovare un cane che lo agguerrisse. I Carelli non gli potevano lasciare fra le mani la bottega, come si lascia un giocherello ad un bambino, perché lo mandi in pezzi, se glie ne piglia il capriccio.
      Ne parlò ai Carelli, moglie e marito, colla parola insinuante e col sorriso adulatore di chi domanda un favore grande.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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