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      - insisté sorridendo, convinta. Corrispondeva allo sguardo che Pippo teneva fiso in lei, incerto fra una speranza rinascente, ed il timore di trovarsi un'altra volta deluso e burlato.
      - Ebbene, se lo trovi, siamo qui - incoraggiò padron Giovanni. - Quando si può, non si nega mai un favore ad un amico.
      Allora Irene si spiegò brevemente: perché non sarebbero scese in bottega, la madre e lei? Giacché abitavano al secondo piano della stessa casa, era il male di portarsi giú, qualche ora del giorno, i loro lavori donneschi, per una diecina di giorni. In capo a questo periodo, il signor Ferramonti non avrebbe avuto piú nulla da imparare. Prendeva la cosa sopra di sé.
      I vecchi Carelli si consultarono cogli occhi, perplessi, con mille obbiezioni sulla punta della lingua. Non avevano preveduto affatto la proposta. Ma ad un tratto, dopo aver guardato anche la figlia, la signora Rosa annuí risolutamente: sicuro, si poteva provare; Irene era abbastanza esperta. Lei, la signora Rosa, avrebbe trovato un posticino comodo, dietro al banco, mentre sua figlia si sarebbe ingegnata ad insegnare al signor Pippo tutto quello che facea di bisogno sapere. L'espediente era proprio bene imaginato, ed il signor Pippo se ne sarebbe trovato contento.
      Rimasero cosí. Pippo accettò disilluso, costrettovi dalle circostanze, che non gli offrivano un mezzo migliore. Glie ne capitavano davvero d'ogni colore! Adesso doveva prender lezione da una povera creatura, che non aveva neppur mai vista in bottega e che considerava come una stupidina, impastata soltanto di vanità.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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