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      Pareva nata e vissuta sempre nella bottega, e si sarebbe detto che ne avesse fatto il suo piccolo mondo.
      Ma ciò era il meno. Riusciva ben piú utile a Pippo, coll'iniziarlo metodicamente alla conoscenza intima del suo nuovo mestiere. Gl'indicava come si distinguono le qualità del ferro, le tempre dell'acciaio, le diversità delle leghe e delle fusioni; quali fossero gli articoli su cui si guadagna di piú, di maggiore smercio, piú suscettive di sfuggire ai prezzi correnti della piazza. Una ad una, con minuti particolari, andava nominandogli le case produttrici colle quali conveniva stare in buone relazioni, e quelle di cui bisognava diffidare. C'erano delle camorre che un commerciante sagace e risoluto poteva sfuggire; ma ve n'erano altre a cui bisognava invece necessariamente assoggettarsi. Per esempio, il commercio del ferro in verghe e della ghisa da rifondere: sarebbe stato un sogno pensare ad aver questi generi di prima mano. I fratelli Mazzei ne esercitavano il monopolio di grossisti, e di commissionari sulla piazza. Non si sarebbe trovata una Casa rispettabile che non fosse già vincolata da speciali contratti con loro; ma trovato anche il mezzo di superare questa prima difficoltà, una guerra aperta coi Mazzei avrebbe significato il fallimento nel termine di tre o quattro mesi. Era già accaduto piú volte.
      Pippo ascoltava sbalordito. La maraviglia e l'ammirazione l'ammutolivano dinnanzi ad Irene, nelle penombre della bottega vasta e nera. Si sentiva dominato, accorgendosi di avere scoperto una donna-miracolo quando meno se lo aspettava.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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