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E dove la giovane donna poté, si fece mediatrice di pace. Cosí, prese vivamente ad attenuare il fallo commesso da Teta, sorella di suo marito, non appena le nozze lo ebbero sbiancato agli occhi del mondo. Pippo ne aveva provato un piacere perfido, pensando al dispiacere, alla vergogna, ed ai furori di suo padre; ma non aveva perciò affettato meno il contegno di un borghese onesto offeso nei suoi sentimenti di dignità, di pudore e di morale. Era una cosa da ammattirne: la sua famiglia voleva assaggiare tutti gli scandali! A lui, Pippo, non restava altra soddisfazione che quella di non aver piú nulla da spartire coi suoi. No, non riconosceva piú parentela!...
In fondo, non sapeva darsi pace della scelta imbecille di Teta. Bisognava dire ch'ella avesse perduto totalmente la testa! Darsi ad uno straccione d'impiegato, dopo aver disprezzato un droghiere pieno di quattrini e di speranze!... Del resto, Pippo non dubitò un istante che lo scopo di Paolo Furlin, il rapitore, non si risolvesse a prendersi sulle spalle una calía della forza di Teta, per tirare ai quattrini del vecchio fornaio. Ed il giovine trafficante di ferrarecce provava una sorda paura del nuovo avversario contro il quale avrebbe forse dovuto lottare un giorno o l'altro. Era la diffidente soggezione degli uomini, che sanno appena imbastire con mano incerta e pesante una lettera di commercio, verso gli arzigogolatori di scritture.
La lite mossa da Furlin al suocero per la dote di Teta non rassicurò certo Pippo. Dunque l'impiegato non voleva perdere un giorno di tempo?
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