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      Dette a Furlin, a voce alta, una buona notizia:
      - Sai? la tua parte sarà di diecimila lire. Non ho potuto ottenere di piú. Bisognava ben pensare anche alla cognatina.
      Con un gesto pronto, troncò i ringraziamenti del funzionario, godendosi per un istante lo stupore muto del fratello. Si volse ad Irene ridendo:
      - Per te ho serbato la stessa porzione. È il mio primo regalo. Si capisce che non mi darai il dispiacere di rifiutarlo.
      - Che razza di storia è questa? - balbettò Pippo, strozzato dallo sbalordimento.
      Era semplicissima. Gli accordavano settantamila lire di titoli nell'emissione della Banca Italica di Credito Generale. Egli regalava diecimila lire ad Irene e diecimila lire a Paolo. Serbava il resto per sé. Non era un bravo ragazzo?
      La sua figura giganteggiava in mezzo agli appetiti della famiglia eccitati. Sarebbesi detto ch'egli si prestava colla maestà di un nume allo sfruttamento sperato dai suoi nel riavvicinarlo. Pippo e Teta non sentivano rincrescimento di vedersi esclusi in quella prima occasione dalla distribuzione di danaro cominciata. I calcoli segreti delle loro cupidigie erano appagati dall'esperimento di cui risentivano un beneficio indiretto; palpitavano di speranze per l'avvenire.
      Del resto, l'impiegato ed i figli del fornaio avevano degli abbarbagliamenti: le vertigini delle persone che si accostano per la prima volta ai prodigi della speculazione. Mario spiegò loro il meccanismo dell'affare, minutamente, facendoli fremere, inchiodandoli muti ad ascoltarlo, a ricevere dalle sue parole l'impressione di una fiaba orientale realizzatasi d'improvviso.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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