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      Insomma, il terreno era ben preparato. Importava saper cogliere il momento giusto, per vendere col maggior profitto possibile. Si sarebbero riscaldati i ferri gradatamente, cominciando con un premio di quindici lire, per arrivare almeno a cento. Ma una bella giornata, favorevole all'accorrenza dei compratori; una buona notizia; un nulla, potevano determinare un successo assolutamente imprevedibile. In ogni modo, non si correva affatto il pericolo di vedersi restare in mano neppure uno dei titoli ad averne per mezzo milione.
      - Come? - domanḍ Pippo: - darai aria a tutto?
      Mario lo guarḍ, stringendosi nelle spalle, con un sorriso inesprimibile.
      - Mi credi cosí ricco da trovar dentro al cassetto il danaro pel versamento dei decimi? - diss'egli; ma non aggiunse altro, rinunciando alla fatica vana di maggiori spiegazioni. Si volse ad Irene ed a Furlin:
      - Sapete che le vostre diecimila lire sono nominali, non è vero? In realtà, si ridurranno a molto meno. Bisogna contentarsi dell'onesto. Per compenso, non vi domando le mille lire che ciascuno di voi mi dovrebbe pel versamento del primo decimo. Semplicizzeremo. Ritireṛ a credito, per poche ore, i titoli miei e vostri; esciṛ; vendeṛ; rientreṛ per pagare il nostro debito, e vi porteṛ le differenze dei premi che avrete guadagnato.
      Avrebbero voluto portarlo in trionfo. Li faceva impazzire; accendeva nel loro sangue la febbre dei súbiti guadagni, la passione della caccia rabbiosa al danaro, che si fa senza rischio e senza fatica, nell'agguato sicuro del furbo che lavora sulla cupidigia e sulla credulità umana.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





Pippo Irene Furlin