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      Lei non avrebbe imaginato tanta bontà d'anima, tanta generosità. Come avrebbe potuto dimostrare a Mario, che non era un'ingrata?
      - Vuoi farmi proprio piacere? - disse Mario; - proprio? Ebbene, non ne parliamo piú. Me lo prometti?
      - Mio Dio, se lo vuoi...
      - Siamo intesi. Ti rammenti? Nel nostro primo incontro ti dissi, che saremmo andati d'accordo. Dobbiamo fare un patto fra noi.
      - Sarebbe?
      - Associamoci.
      - Associamoci... Cioè!... A quale scopo? - soggiunse con una ingenuità simulata, mentre scrutava il cognato.
      Egli non rispose subito. Guardò a sua volta la giovine donna, quasi diffidente. Poi prese il suo partito.
      - Supponi ch'io voglia trovare un mezzo qualunque per dimostrarti la mia simpatia: ecco lo scopo. Farò i tuoi piccoli affari; sarò il tuo banchiere privato. Lasciami una parte del danaro che ti ho fatto guadagnare. M'impegno a costituirti un capitaletto, per le tue spese personali.
      - Insomma, vuoi ancora obbligarmi. Ma allora debbo domandartelo un'altra volta: a quale scopo?
      - Sei curiosissima! Hai torto.
      Ella lo imbarazzava. Nel silenzio che successe alle ultime sue parole, Mario credette sorprendere sulle labbra della giovine donna un sorriso lievissimo. Nondimeno, la figura di lei accasciavasi in una grande mortificazione. Ella rappresentava certo una parte.
      - Vuol dire che mi respingi? - chiese Mario.
      - Che idee ti frullano stamani pel capo? - esclamò lei ribellandosi. - Non ti capisco. Se mi domandi una gratitudine eterna, ed un affetto di buona cognata, ci è forse bisogno di patti?


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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