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      Essa poteva dire tutto quello che voleva; era proprio quale Mario l'aveva imaginata, quale desiderava che fosse.
      - Se vuoi proprio un consiglio, - proseguí Irene, - lascia andare le fantasie, e contentati di quello che hai. Flaviana ti vuol bene, ti è stata utile, può ancora giovarti, molto. Non merita, per te, neppure il rimprovero di leggerezza e di volubilità che le fanno. Allora, perché mediti cosí, all'azzardo, senza uno scopo determinato, di recarle dispiacere? È uno sbaglio, questa ricerca ad occhi bendati in cui ti affatichi...
      - Non sei esatta - osservò Mario.
      - Cioè?
      - Non pensavo affatto a cercare. Ho trovato, ed ecco tutto.
      - Sí? Vuol dire che sei ancor piú da compiangere, povero Mario! Hai trovato me. L'hai fatta, la bella scoperta!
      - Che t'importa? Infine, mettiamo, se ti piace, le carte in tavola. Non vuoi metterle tu? Ebbene, permettimi almeno di farlo, io solo.
      Egli perdeva di nuovo la calma. Ne aveva fin sopra ai capelli di quei discorsi artificiosi ed inutili. Si alzò; guardò finalmente la giovine donna in atto di sfida. La diffidenza che vide in lei, pure alzatasi, lo rese anche piú brutale.
      - Non ho mai creduto alle tue arie di donna modesta e timida. Ho indovinato la tua forza e la tua abilità, quand'ho saputo che un uomo della stoffa di mio fratello ti sposava, senza dote, dopo aver speso l'ultimo soldo a comprare la bottega di tuo padre. Poi hai trasformato Pippo; gli hai fatto accettare le abitudini, i dispendi della tua casa; l'hai riconciliato coi Furlin, ed essi sono venuti qui, a farti la corte.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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