Pagina (65/243)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Frattanto, Rinaldo Barbati tempestava col fiotto potente della sua voce, agitando animatissima la sua gran testa di Padre Eterno. Attaccava direttamente la monarchia non accorgendosi di mescolare alla sua catilinaria tribunizia un rancore di borghese deluso. No! il partito radicale non poteva piú e non doveva piú aspettare. Era colpa di un Governo che sconfessava le sue tradizioni. Perdio! non s'era mantenuta una sola delle promesse che avevano reso possibile l'epopea italiana. Gl'illusi che vi avevano portato la maggior somma di forze e di sangue, erano dimenticati, respinti, perseguitati, resi impotenti a raccogliere il piú lieve vantaggio, mentre i beniamini gavazzavano pasciuti, insultando alla miseria del popolo...
      - Lasciate un po' queste sciocchezze - interruppe Mario, comparendo nell'orbita luminosa della lampada sospesa sopra al tavolo.
      Barbati, avvezzo a simili interruzioni, crollò le spalle, volse un'occhiata al giovanotto, e tentò di proseguire.
      - Ti ripeto di smetterla! - insistette Mario. - Tanto è lo stesso: sappiamo a memoria quel che vuoi dire. C'è da occuparci di cose piú serie.
      S'era rivolto a Pippo ed a Furlin. Teta sopraggiunse, mettendosegli accanto.
      - Che significa? - domandò Pippo.
      Mario andò per le lunghe: s'erano riscaldati tanto, nei loro discorsi oziosi, che non avevano sentito neppure una parola di quello che si diceva da mezz'ora, accanto alla finestra. Ebbene, se desideravano delle notizie interessanti, Irene poteva servirli.
      - Ma, insomma? - fece Furlin.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





Rinaldo Barbati Padre Eterno Governo Mario Mario Pippo Furlin Pippo Irene Furlin Teta Furlin