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      Raccapricciavano al pensiero che fosse ormai troppo tardi.
      Certo nessuno tra i figli di padron Gregorio poteva pensare a tentar l'impresa; non si facevano illusioni. Ma in quel preciso concetto della loro posizione rispetto al padre, le parole di Flaviana acquistavano un'importanza eccezionale: Irene era realmente la loro sola speranza.
      Pippo ed i Furlin non comprendevano perché Mario, ad un tratto, si fosse chiuso in un riserbo d'uomo quasi indifferente. Non era però il momento di cercarne le cause. Tutti gli sforzi della loro attenzione e della loro eloquenza convergevano sopra Irene. Insistevano a deciderla: lei sola poteva ripromettersi di strappare il loro padre dalla dissennata risoluzione; lei, che non aveva pronunciato contro il vecchio una sola parola cattiva. Non ammettevano che si lasciasse arrestare dallo scoraggiamento, lei! Del resto, non erano tutti pronti ad aiutarla?
      Parve deciderla l'intervento di Rinaldo Barbati con una oratoria perorazione. Non aveva speranze; ma non voleva neppure resistere al desiderio dei suoi. E si rimaneva intesi: trattavasi di persuadere il signor Gregorio che i suoi figli volevano riconquistarne l'affetto, puramente e semplicemente.
      Eh?!... Pippo, i Furlin, gli stessi Barbati, guardarono Irene senza comprenderla. Ma lei non li lasciò gran fatto in dubbio. Spiegava che il suo sogno, in primo luogo, era appunto di riconciliare il padre coi figli, e poi salvare padron Gregorio dai pericoli di un passo falso, indipendentemente da qualunque altra considerazione.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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