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      Lo fecero aspettare come un salame, nello stanzino d'ingresso, quasi tre minuti. Poi, comparendo, ed introducendolo, la Frati si mostrò turbatissima. Di là, mentre egli sedeva, un rumore d'usci aperti e richiusi, di passi rapidi e leggieri e di parole concitate, femminee, percorse il quartiere.
      - Che c'è dunque? Ho fatto scappar qualcuno? - domandò lui, cercando di abbozzare un sorriso...
      - Che idea! - balbettò la Frati turbata. Infilzò un mucchio di parole incoerenti; ma dinnanzi alla collera concentrata di quell'uomo, che non voleva esser preso in giro, confessò. Che serve? Irene, la moglie di Pippo, era presente, quando padron Gregorio entrava. Era fuggita appunto per non incontrarsi con lui. E fu il principio di una confessione completa: Irene veniva quasi ogni giorno, all'unico scopo di chieder notizie del suocero, e di parlarne liberamente. Era un angelo di donna; un cuore pieno di sentimenti onesti; quello che si dice una buona creatura. Non sapeva darsi pace d'essere entrata nella famiglia Ferramonti, senza una parola amica del padre di suo marito. Diceva di non meritarlo. Aveva sperato di rimetter la pace nella casa che l'aveva accolta, aveva fatto di questa speranza lo scopo della sua vita. Era riuscita con Pippo, Teta e Mario; ma non stimava di aver raggiunto lo scopo principale e migliore dei propri desideri. Ella sarebbe stata felice il giorno soltanto che padron Gregorio, anche lui, avesse consentito a placarsi.
      Qualunque altra al suo posto avrebbe creduto di poter fare a meno delle delicatezze e degli scrupoli che l'arrestavano: l'idea, cioè, che si potesse trovare un secondo fine al suo sogno di presentarsi al suocero per supplicarlo a volerle un po' di bene.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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