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      Irene, tremante, chinò la testa. Un singhiozzo le gonfiava il petto. Ferramonti la guardò lungamente, afflitto; rimase alcuni minuti sopra pensiero. Poi si scosse.
      - Dammi retta: pensiamo a cose allegre. Guarda: il tempo s'è fatto migliore. Ma tu, come sei venuta? Eri qui da molto, quando sono entrato io?
      L'imbarazzo incatenava ambedue. Ella rispondeva, cercando di dissimulare un'angoscia che doveva lacerarle il cuore. Aveva fatto una passeggiata a piedi. Nell'uscir di casa, non aveva previsto la pioggia. Ed era là, col suo ombrellino da sole. Ma si faceva tardi; lei doveva pensare a tornarsene via. Avrebbe preso una carrozzella, a Piazza Farnese. Aspettava che spiovesse.
      Infatti, lo si poteva preveder prossimo. Il tuono non rombava piú che da lontano. La bufera, ridottasi ad una pioggia senza vento, fitta e minuta, lasciava una frescura vivificante. Irene aprí la finestra. Di fuori, a ponente, uno strappo di nubi mostrava un lembo di cielo intensamente azzurro. Le strade lavate si ripopolavano con strepiti nuovi. Vibrava un'allegria di movimento e di voci nell'ebbrezza di quel preludio autunnale. L'aria circolava libera, purificata dai fetori di sporchizie che fermentano al sole. Si pensava alle gazzarre dei bambini dopo il bagno. Le carrozzelle correvano in ogni direzione.
      Suocero e nuora non seppero uscir piú dal tema del tempo. Tuttavia il loro imbarazzo svaniva, a poco a poco; ricominciavano a sorridersi. La signora Lalla ricomparve; Irene si alzò per accommiatarsi.
      Allora Ferramonti la trattenne:


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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