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      Dio santo! non si poteva inventare un martirio piú crudele!
      Poi, riuscendo inefficaci gli appelli alla pietà, essa mutò registro: diventava aggressiva; imponeva il silenzio, fiera dei suoi doveri di moglie e di cognata. Padron Gregorio poteva arrivare fino al punto di considerare i suoi figli come morti e perduti per lui; ma che cosa era quel continuo attossicarsi per progetto la vita, con violenze le quali non avrebbero cavato un ragno da un buco? Davvero, non c'era scusa possibile. Il passato è passato: quando non ci si può rimediare, è vano pensarci su.
      Del resto, dipendeva dal sistema di vita che padron Gregorio aveva adottato, non c'era da dubitarne. Il suo rintanarsi in una poltronaggine selvaggia dopo aver sempre lavorato in mezzo agli uomini, avrebbe guasto il sangue piú sano e pervertito il carattere migliore. Perché dunque non si creava qualche pensiero, qualche occupazione? Se non voleva saperne d'imitare quelli che non avendo interessi propri, s'occupano di quelli degli altri, perché non si formava una nuova famiglia?
      Erano vere esplosioni, che sbalordivano Ferramonti. Egli non riusciva a ribatterle, sentendo che Irene aveva ragione. Recalcitrava soltanto all'idea ultima. Famiglia? Che cosa voleva dire formarsene un'altra? Ce n'era forse fabbrica privilegiata e depositi assortiti? E continuava a rispondere umoristicamente, aspettando da un giorno all'altro che Irene pure mettesse fuori, senza perifrasi, l'idea di un matrimonio. Sicuro: era già piú che sott'intesa in tutti quei giri di frase, che lasciavano il vecchio in prolungati turbamenti nervosi.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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