- esclamò lei, rivoltandoglisi contro come una vipera.
- Mah! sarà un difetto organico - fece Mario, con una spietata ironia. - In ogni caso, desidero rammentarti le tue promesse! Via! non c'è davvero motivo di fare un viso da spiritata. Lo sai bene, che nessuno al mondo potrebbe augurarti di riuscire, come te lo auguro io. Non è vero, forse? Rispondi: non è vero?
Ella fremeva, nel sentimento angoscioso dell'insulto ricevuto, coll'aria di una vittima che vorrebbe ribellarsi.
- Oh, lo vedo, quali sono i tuoi sentimenti per me - balbettò con una voce strozzata; - non me ne dai forse una prova anche adesso?
- Io ti amo ed ho paura di te...
- Quale motivo te ne ho dato?
- Nessuno. È un istinto. Se tu sapessi di che sarei capace perdendoti! I nostri interessi saranno sempre comuni, non è vero?
- Siamo due complici! - diss'ella cupamente.
- Due complici, sia! Tanto meglio. Guarda: io ti ringrazio della parola, e ti chiedo perdono. Dammi un bacio.
Ella non voleva. Poi lo baciò: rifecero la pace. Poi venne la volta dei Furlin.
Ad un tratto essi mostraronsi impazienti di realizzare gl'ideali della cognata nelle sue aspirazioni di concordia. Parlarono del vecchio Ferramonti come si parla di un padre il cui pensiero rinverdisce antiche affezioni e mette nel cuore una folla di pentimenti. Avevano avuto torto: erano pronti a riconoscerlo e ad umiliarsi in qualunque modo per ottenere il perdono. Irene doveva prometter loro d'informare il suocero sui loro attuali sentimenti.
La pregavano di difenderli, di raccomandarli, di affrettare la generale riconciliazione.
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Mario Furlin Ferramonti Irene
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