Insistevano sul concetto che già si era aspettato anche troppo.
Ella si limitava ad assicurare che non avrebbe dimenticato nessuno. Anche il suo contegno cambiava. Stimava forse giunto il momento di risparmiarsi in parte la fatica delle proprie dissimulazioni, e cominciava ad affermare una superiorità, a prendere un'aria di alterigia e di protezione. Aveva talvolta certi lievi sorrisi, certe lunghe e pallide occhiate, che mettevano i brividi nelle ossa di Teta.
Insomma, un senso di disagio piombava sui conciliaboli di via Torre Argentina: il sordo presentimento di una lotta preparatasi insidiosamente, dove alcuni sentivansi sopra un terreno falso ed infido. In quello stato di cose una circostanza venne ad aumentare le difficoltà, lasciando la famiglia a se stessa: i Barbati sparirono. Rinaldo doveva attendere a troppi affari, e si tuffava in un mare di segrete macchinazioni politiche. Dal canto suo, Flaviana si vedeva rubare tutte le sue serate dagli spettacoli, dalle visite di riguardo, da mille impegni uno piú indeclinabile dell'altro. Erano pretesti: moglie e marito fiutavano nell'aria imbrogli nei quali non volevano trovarsi mescolati, e viravano prudentemente di bordo.
Fu l'idea dei Furlin, al vedere l'assiduità dei Barbati cessar bruscamente, dopo aver attraversato un breve periodo di rallentamento.
Ebbene, s'ingannavano. Una sera mancò pure Mario, e il domani Irene stimò necessario scrivergli un bigliettino per invitarlo a passare un momento da lei. Quando egli arrivò, trovò la cognata già vestita per recarsi dal suocero.
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