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      Ma era però perché l'amava, fino al punto di perderci la ragione. Davvero. Egli aveva riso, giuocato coll'amore; non lo aveva mai preso sul serio. Era toccato ad Irene ridurlo al punto a cui si trovava.
      - Oh, parole! - balbettò la giovine donna singhiozzando, coll'amarezza ineffabile del suo disperato scetticismo.
      - Ma che debbo fare per provartelo? - replicò lui. - Perché non me lo indichi? Perché ti ostini?
      Si palleggiarono lungamente frasi spezzate, con un fervido bisbigliare d'innamorati che si accapigliano nel cercare la via per intendersi. Mario insisteva perché Irene lo sottoponesse ad una prova, felice di vederla rianimarsi a poco a poco.
      - Non mi tentare, - diss'ella improvvisamente, raddrizzandosi sotto l'impressione di un'idea subitanea. - No! È meglio restare cosí. Amici, se vuoi. Noi ci scaviamo un abisso sotto i piedi.
      - A che pensi, adesso? - domandò Mario.
      - Lo vedo bene: non è possibile seguitare come pel passato. Scuso le tue diffidenze; le capisco; rinascererebbero necessariamente alla prima occasione. Sono stata assurda... Non si può! non si può!...
      Spasimava. Si ribellò contro il proprio destino, balbettando frasi scucite. Mario guatava quella nuova complicazione, sopraffatto. Scongiurava la giovine donna di spiegarsi meglio. D'improvviso, ella si decise.
      - Io non resisto piú; non so piú mentire. Che m'importa ormai la mia fama? che m'importa il resto? Io ti amo; basto io sola per te, e sono gelosa, io! Allora, bisogna che tu scelga tra Flaviana e me.
      Mario gettò un grido di gioia.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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