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      Diceva di no per pura abnegazione, e l'antico fornaio aveva un occhio abbastanza esercitato, per sorprendere le improvvise astrazioni ed i lievi sospiri ch'ella non sapeva dissimulare, quando certi discorsi venivano in campo. Egli non doveva pensare solamente a se stesso, per riuscir poi a far languire di noia e di tristezza quel vago fiore. Allora prese un contegno risoluto: comandò, non fu pago se non quando la giovine donna gli ebbe dichiarato di assoggettarsi alla sua volontà, per fargli piacere.
      Proprio cosí: non volle ammettere che il suocero aveva pure secondato qualche di lei piccola tentazione; mostrò ostinatamente di averlo ubbidito a controgenio. Egli avrebbe potuto rivelarle il perché vero delle proprie insistenze, e soggiungere che s'era in tempo ancora di non farne nulla; ma non ne ebbe il coraggio. Parlò di un vestito che voleva regalarle per la prima festa alla quale sarebbe intervenuta. Ella accettò, con una delle sue effusioni di riconoscente tenerezza.
      Mario non fu punto sorpreso della riuscita felice di quell'abile stratagemma: non ne aveva mai dubitato. Era saltato in testa a lui stesso il capriccio di veder Irene riapparire nel mondo, in mezzo alle feste carnevalesche, ed egli stesso aveva imposto alla giovine donna di trovarne il modo. Fu una fantasia subitanea ed imperiosa di amante, che Irene non riuscí a sventare, punta forse a sua volta da una sorda tentazione delle ebbrezze e degli stordimenti che il disegno prometteva. In realtà Mario, come tutti gl'innamorati, facevasi sempre piú esigente coll'andare innanzi.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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