Forse ai suoi dubbi di scettico, ed alle sue paure d'uomo sedotto, occorrevano prove rinnovate e continue ch'egli dominava quell'indole forte di donna, alla quale nessun altro resisteva. Insomma, un sospetto confuso che Irene potesse sfuggirgli, restava ad avvelenare il suo amore, determinando certe esigenze, che rendevano dispotica la sua relazione con lei. Egli dimenticava i motivi di cupidigia che lo avevano in origine avvicinato alla cognata: voleva lei soprattutto, anzi solamente. E fantasticava di giuocare la posta piú grossa nella partita, inducendo Irene a lasciare in pace il suocero ed il suo danaro, per prendere il largo con lui. Non sarebbe mancato il mezzo di utilizzare altrove due intelligenze e due energie risolute e pratiche, che la comunanza dell'opera avrebbe reso onnipotenti.
E però egli affrontava a cuor leggero lo scandalo, che spesso tornava ai suoi calcoli provocare. Bisognava ch'egli diventasse assolutamente il solo rifugio e la sola speranza di Irene. Dovevano in lei diventare una sola l'idea di perderlo e quella di trovarsi perduta senza mezzo alcuno di salvezza.
Indipendentemente da ciò, egli amava la cognata con trasporti d'imaginazione e di sensualità crescenti. Era ben lontano il tempo in cui la giovine donna lo aveva esasperato, dandoglisi colle angosciose rassegnazioni di una vittima. Nei trasporti corrisposti d'adesso, egli trovava altre acredini da farlo impazzire. Mai, neppure per un minuto, la sazietà! sempre la febbre, sempre il delirio, sempre un fascino strano, indicibile!
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Irene Irene Irene
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