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      Di che cosa aveva ella paura? Certamente lo starsene con lui, vestita in maglia di seta piuttosto che in gonnella, non mutava affatto i loro rapporti. Bastava non confidare ad anima viva quella pazzia. Egli l'avrebbe fatta passare per una conquista di veglione.
      Corsero rischio di disgustarsi sul serio. Irene resisteva coll'energia dei suoi pregiudizi allarmati. Com'era possibile scendere a tali indecenze degne di una meretrice? Bisognava proprio credere che Mario non l'amasse e non la stimasse menomamente.
      Egli la trattò da sciocca. Lo sapeva ben lei se l'amava e quanto l'amava! Pel caso che lo avesse dimenticato, era sufficiente che lo guardasse. Ed in realtà le metteva dinnanzi una figura sconvolta, in cui la passione aveva espressioni sovrumane, uno scoppio di febbri contagiose, che turbavano potentemente la donna. Allora Irene fu vinta, ed una volta ceduto, i due amanti dimenticarono il dissidio, per regalarsi un'anticipazione di piacere turbolento nel figurarsi il piacere che li aspettava. Vissero ventiquattr'ore nelle smanie dell'impazienza. Era la mattina del lunedí grasso. La sera dopo, avrebbero fatto un'apparizione alla festa di un Circolo dov'erano invitati, fino alle undici; poi sarebbero tornati a casa perché Irene potesse indossare il suo costume da maschera, e sarebbero andati al Politeama.
      Naturalmente, non c'era un minuto da perdere. Quella mattina, padron Gregorio vide la nuora soltanto verso il mezzodí. Ma le ore da lei occupate altrove, erano state messe molto bene a profitto.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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