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      Gli si avvicinò com'egli aveva voluto; gli restò dinnanzi, aspettando ch'egli l'attirasse maggiormente a sé. Ebbe un sorriso provocante.
      - Ebbene?...
      Mario alzò le braccia verso di lei.
      - Sei tanto bella...
      Soffocarono ambedue, nello stesso tempo, un grido. Irene indietreggiò con uno slancio; Mario balzò in piedi: Pippo, entrato senza che essi ne avessero neppur sospettato l'avvicinarsi, stava fra loro guardandoli.
      Egli rideva, con un ghigno indefinibile nel volto fattosi di un terreo pallore. Balbettava con la voce grossa di un uomo ubriaco. Li aveva colti sul piú bello, eh? Che! forse non lo avevano creduto capace di sorprendere i loro segretucci?
      Non si moveva dal posto, dove pareva aver messo radice. I suoi occhi vagabondi andavano dal fratello, a destra, alla moglie, a sinistra, e da questa a quello, di continuo, pieni d'ironia. Alzava le mani agitate da una vaga convulsione, accennanti ad un pensiero intimo e cupo, che non trovava il modo di esprimersi. Essi, atterriti, aspettavano di udirlo rimproverare l'adulterio.
      S'ingannavano. A poco a poco Irene assorbí l'attenzione di lui, invadendolo di una meraviglia sguaiata. Per Cristo! che invenzioni eran quelle? Ecco che cosa voleva dire aver un po' di talento, un po' di spirito, un poco di gusto ed un corpo da dea Venere, che faceva venir voglia di morderla a baci. C'era forse in tutta Roma un'altra donnina cosí appetitosa?
      Avvertí senza dubbio una muta collera sulla fronte di Mario; un disprezzo freddo nella contrazione del labbro d'Irene.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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