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      Rise ancora bestialmente. Cambiò discorso:
      - Ma si può sapere perché avete avuto questa bella pensata! Uno scopo ci ha da essere stato, mi pare! Perché? Suvvia! siete niente rimbecilliti?
      - Un capriccio, - spiegò Mario, sorprendendo un'espressione feroce nell'impazienza del fratello, e durandogli come un sordo presentimento di qualche soluzione tragica. - Sono stato io. Ho voluto che Irene si mascheri, una volta tanto, per prova, come fanno tutti.
      - Bene! - approvò Pippo energicamente.
      - S'è scelto un costume molto di moda...
      - Bene!
      - Faremo una corsa al Politeama... la cosa di un momento, per dire di esserci stati.
      - Perché? Non ci sarebbe sugo, - osservò l'ubriaco. - Bisogna restarci fino alla fine. Vi ci divertirete, ragazzacci! Vedete: se potessi, vorrei anch'io venire a darvi un'occhiata...
      Si volse di nuovo alla moglie. Ma vedendo ch'ella s'era gettata sulle spalle il mantello, gettò quasi un grido.
      - Che idea è questa? Lèvati gl'impicci di dosso: fàtti vedere!
      Mosse alcuni passi verso la giovine donna. Ella balzò indietro muta, invocando con uno sguardo inesprimibile il soccorso di Mario.
      Questi fermò per un braccio il fratello. E per un lungo istante i tre si guardarono, pallidi e frementi.
      Infine, Pippo indietreggiò svincolandosi. Il ghigno sarcastico dell'ubriacone ricomparve. Egli si giustificava:
      - Hai creduto volessi mangiartela, la tua mascherina? Scioccone che sei! volevo soltanto vederla.
      - Lasciala in pace, - disse Mario: - ha freddo.
      - È un'altra quistione. Bisognava dirlo subito.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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