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      Aveva già cominciato da Mario, la notte stessa del martedí grasso, obbligandolo a ricondurla a casa pochi momenti dopo la loro comparsa al veglione, ed ottenendo che la lasciasse sul pianerottolo delle scale. Poi Mario, per secondar sempre le preghiere di lei, non era piú ricomparso in casa. Ella intendeva di rallentare a poco a poco quella compromettente assiduità. Aveva ancora delle idee molto confuse in proposito: si proponeva di allontanare da sé l'amante, di evitare ch'egli se ne risentisse e potesse nuocerle, per vendetta, presso il vecchio Ferramonti.
      Lasciava pel momento da parte i Furlin. Egli è che non sapeva bene quale azione svolgere a loro riguardo, mentre un istinto di donna scaltra l'avvertiva che le maggiori difficoltà le sarebbero appunto venute da Teta e da Paolo. Si erano eclissati troppo completamente: ella avrebbe voluto degli avversari piú attivi.
      In fatti, i Furlin vivevano nell'assoluto oblio dei Ferramonti, senza ostentazioni di risentimenti e di disprezzi; ma procurando di evitarne qualunque allusione. Non parlavano piú neppure di diritti verso padron Gregorio, rinchiudendosi nel loro decoro di famiglia di pubblico funzionario predestinato ad una brillante carriera.
      Paolo aveva lasciato da parte le velleità di opposizione ed i pettegolezzi epigrammatici contro l'alta burocrazia. Anzi cercava deliberatamente di guadagnare il suo posto di satellite in quell'Olimpo, facendovi accettare anche la sposa. La educava con cura, perché non gli commettesse qualche sproposito da figlia di fornaio.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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