Ma l'arrivederci cordiale sottintendeva l'acquiescenza di future visite, tenute entro certi limiti di discrezione.
- Sei contenta di me? - chiese il vecchio alla nuora, non appena partito Mario.
Bisognava. Ferramonti reclamava il premio della propria condiscendenza, tutta una giornata di carezze, di feste e di ragazzate. Anzi, quantunque fosse già stabilito che quella sera la giovine sarebbe tornata a casa sua, dovette rimaner là, per forza.
Di Mario non si parlò piú; ma cinque o sei giorni appresso, improvvisamente, fu lo stesso padron Gregorio a domandarne. Che ne era diventato di lui? Perché non si faceva piú vedere?
Irene trasalí: gli sguardi e l'accento del vecchio avevano tradito un segreto sospetto, una gelosia sorda. Ella intuí che qualche frase o qualche atto di Mario doveva avere impressionato Ferramonti, che il suocero la sorvegliava, e che cercava del figlio perché una indagine fosse piú efficace e potesse estendersi anche a quest'ultimo. Ebbe bisogno di tutta la sua presenza di spirito per non compromettersi. Sentivasi minacciata da una nuova complicazione.
Mario restava il suo peso piú grave. Era per lei una lotta continua il moderare ed il deludere le esigenze della passione di lui. La catena di quella schiavitú si stringeva tanto da lacerarle le carni. Adesso Mario sogghignava quand'essa lo ammoniva del pericolo di vedersi sfuggire colle imprudenze la fortuna di padron Gregorio. Che glie ne importava a lui, ora, del danaro? Per frenarlo, essa doveva caricare fino al cinismo le tinte della propria cupidigia; metter l'amante al bivio, o di lasciarla compier l'opera iniziata presso il suocero, o di rinunciare a lei.
| |
Mario Mario Gregorio Mario Ferramonti Mario Gregorio
|