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      L'idea di tenersi in casa piú di mezzo milione parevagli enorme. All'udirla accennare una volta, cautamente, dalla nuora, aveva cacciato un grido da sbalordirla. Parlava proprio sul serio? Le dava niente di volta il cervello? Poi Irene tremò, udendo delle frasi che parevano rispondere all'intimo pensiero di lei: credeva forse che se il gruzzolo restava alla Banca, non avrebbe trovato la strada di cascarle in mano?
      Ella, pallidissima, fissò il suocero. Lo vide ridere bonariamente, lontano dal dare alle proprie parole il significato da lei temuto. Però il vecchio non parlava a caso; voleva avvertirla che il capitale sarebbe stato suo. E nel vederla smarrita, egli si abbandonò ad un'ilarità rumorosa d'uomo commosso. Povera Irene! non se lo era aspettato davvero? Ebbene, era proprio cosí: quando il suo vecchio brontolone avesse tirato le gambe, ella poteva presentarsi alla Banca per ritirare quei quattro soldi che vi stavano a sua disposizione.
      Abbracciò la nuora, con una tenerezza nuova e solenne. Ella non poté saper altro. Comprendeva di non dover chiedere maggiori spiegazioni. Frattanto era ammirabile di devozione riconoscente e di tenerezza angelica.
      Mario s'era fatto rivedere. Compariva di tanto in tanto, non troppo spesso. La riconciliazione fra padre e figlio non avanzava di un passo. Erano visite oziose, che si diradavano e che si accorciavano col ripetersi. Il vecchio Ferramonti, poco avezzo ai mezzi termini ed alle perifrasi del vivere civile, lasciava chiaramente intendere al figlio, che gli avrebbe fatto un gran piacere a restarsene altrove.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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