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      Il passo grottesco che le profetava la galera, fu il suo colpo di grazia. Gittò un grido rauco, lasciandosi cadere di mano la lettera.
      - Dio mio! Dio mio! - balbettò. Volgeva intorno gli occhi spaventati, nel raccapriccio, come a cercare un aiuto in quell'istante terribile. Poi, con un singhiozzo, si coprí il viso.
      - Dimmi che non è vero! Ma dimmi che non è vero! - esclamò padron Gregorio.
      Le si era fatto vicino; le aveva strappato le mani dalla faccia, tenendole intanagliate fra le sue, guardandola con due occhi da forsennato, non curandosi della contrazione angosciosa delle labbra di lei.
      No, lei non poteva rispondere! Non sapeva piú quello che si facesse. Sentivasi perduta. E con un atto improvviso ed energico, strappò i polsi dalla stretta del vecchio. Un grosso singulto si spezzò nel suo seno. Piangeva mute lagrime, scendenti dagli occhi vitrei.
      - Io impazzirò, - balbettava Ferramonti; - vedrai! impazzirò!
      Non sapeva piú dire altro. Aveva egli pure dei moti d'automa nei quali non entrava la sua volontà. Ed un disinganno immenso accasciava il disgraziato, colpendolo negli affetti ultimi che gli rimanevano.
      Lo sguardo ebete d'Irene cadde sulla lettera rimasta in terra. Fu come un repentino ritorno alla vita; uno scoppio violento d'ira. Ella balzò sopra il foglio, se ne impadroní, sfolgorante di sinistra energia, ed ebbe una frase dall'accento terribile:
      - Saprò chi sei!...
      Sorrideva, sicura di se stessa. Dimenticava il suocero, tutta occupata nel pensiero ardente della propria vendetta.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





Gregorio Ferramonti Irene