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      Ora, la lettera anonima, col provocare una soluzione violenta, minacciava bensí gl'interessi d'Irene; ma esponeva anche quelli degli altri al pericolo che il vecchio Ferramonti, disgustato e disilluso, si risolvesse a disperdere la propria fortuna per sottrarla definitivamente ai suoi eredi diretti ed indiretti.
      Furlin non sarebbe stato uomo da risparmiarsi tali riflessioni. L'attacco invece partiva da altri nemici, forse meno astuti; ma certamente piú al riparo da certe conseguenze. Irene pensò un momento anche a Flaviana Barbati; ma non volle dare un soverchio peso neppure a questa nuova impressione. Non c'era da escludere l'ipotesi che si trattasse pure di un semplice atto di vigliacca malvagità. Sono tanti i casi! E per pagare a dovere chi avanzava, il precipitare le cose non era il sistema piú conveniente.
     
     
      XVII.
     
      Ferramonti non istette piú bene. L'incidente avvenuto lasciava tracce profonde nei rapporti tra suocero e nuora. La confidenza assoluta e tranquilla dell'uno verso l'altra era scossa. Vi era succeduta una crudele altalena di dubbi e di abbandoni, un oscillare continuo fra la voluttà voluta, acre, violenta del fascino esercitato tuttavia dalla giovine donna, e la paura istintiva di lei. Questo dramma psicologico costringeva padron Gregorio ad uno sforzo di dissimulazione, che finiva di mettere in tensione i suoi nervi, e di alterare la sua salute, sordamente minacciata. Egli diventava volubile, stizzoso, intrattabile. Dimenticava tutte le sue abitudini, e pareva che volesse cimentare la pazienza d'Irene, variando a capriccio le ore dei pasti, rintanandosi in casa delle settimane quasi intere, e poi prendendo a scorrazzare per altre settimane dall'alba a notte inoltrata senza che si sapesse dove andasse a posare le ossa.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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