Padron Gregorio rammentava di avere, per tutta una lunga vita, tenuto le donne in conto di animali immondi e di sirene incantatrici, da cui bisogna tenersi lontani. Perché sua nuora sarebbe stata diversa dalle altre? Non gli aveva fatto rinnegare tutti i principii di lui con arte forse infernale? Non aveva addormentato le sue diffidenze? Qual filtro magico gli aveva dunque somministrato? E fin dove sarebbe ella giunta?
Lui, Ferramonti, sentiva che ci sarebbe schiattato. Poi, nell'angoscia mortale dei suoi dubbi, volle sottoporre la nuora ad una prova decisiva. Badò a coglierla di sorpresa, in uno di quei momenti di espansione che si riducevano ormai a faticose menzogne.
- Vogliamo dar proprio una mentita solenne alle calunnie dei nostri nemici? - propose egli, sul finire di un desinare, mentre pigliavano il caffè insieme.
Un pomeriggio caldo di maggio mandava dalla finestra aperta uno sprazzo di sole. La figura d'Irene era vivamente illuminata. Padron Gregorio la vide trasalire leggermente.
- Perché adesso dobbiamo angustiarci? - diss'ella con un triste sorriso.
- Non è per angustiarci. Al contrario! Ho trovato un mezzo certo per seccare le lingue piú velenose. Ma se non vuoi...
- È per farvi piacere? Allora accetto qualunque cosa. Che debbo dunque fare, io?
Nei riflessi dorati del sole, ella pareva circondata da un'aureola. Padron Gregorio non poteva perdere un solo de' suoi atti. Parve assorbirsi un istante nella sua contemplazione; poi la interrogò:
- È deciso?
- Ma sí! È deciso.
- Non ti figuri di che si tratta?
| |
Gregorio Ferramonti Irene Gregorio Gregorio
|