- No. Che importa?
- Anzi, importa. Chiudi la finestra. Il fracasso della strada m'urta i nervi.
Quand'ella ebbe chiuso, le accennò di andare a sedere accanto a lui, e prese a spiegarsi.
- Ci mordono perché ho messo da parte un po' di danaro. Ebbene! togliamo di mezzo questo motivo di maldicenze e di perfidie. Si tratta di far toccar con mano che non hai fatto mai calcolo sulla mia fortuna. La regalerò agli ospedali, per esempio. Pagherò la mia parte di paradiso, da vero sovrano. Ti piace il mio progetto?
- Mi dispiace per i vostri figli, - disse la giovine donna, naturalmente.
- I miei figli? Che c'entrano? Loro non ci guadagnano e non ci perdono un centesimo. Non parliamo affatto di loro.
- In tal caso, mi pare che la vostra idea sia buonissima. Tanto piú, se si tratta solamente dei capitali deposti alla Banca. Voi non farete in realtà nessun sacrificio, non è vero?
- Verissimo. Va bene. Fra pochi giorni mi sarò liberato anche da questo pensiero, e non mi parrà di aver pagato troppo caro il vederti render giustizia, amor mio!
Cambiò discorso. Irene prese il primo pretesto per allontanarsi da lui e per andare altrove a respirare liberamente. Aveva potuto conservarsi impassibile, per una subitanea intuizione dell'esperimento che il suocero tentava su lei. Sentiva che il suo contegno, nel giro di pochi giorni, decideva del suo avvenire. Ed era certa di tenere la fortuna pei capelli.
Ella fu immensa di finezza. Respirava sollevata: rideva lieta, come alleggerita da un gran peso. Il suo disinteresse splendeva di semplicità ineffabile.
| |
Banca
|