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      Avevano disposto il sofà secondo i desiderii di lei. Allora, sempre con cenni brevi e precisi, si fece aiutare ad adagiarvi quel gran corpo inerte, sollevandolo di peso. Ferramonti girò intorno gli occhi senza sguardo ed iniettati di sangue; trasse un pesante sospiro.
      - Coraggio! - replicò la giovine donna; - mi pare che vada già meglio. Non è forse vero, che va già meglio?
      Ella mostravasi piena di confidenza, come se avesse voluto dissimulare a se stessa la gravità somma del caso. S'era trasformata in una infermiera dal colpo d'occhio sicuro, pronta a tutte le cure, presente a tutti i bisogni. Aveva slacciato l'infermo; gli collocava sul capo dei panni bagnati; gli aveva tolto gli stivaletti ed avvolti nella lana i piedi. Soltanto il suo pallore estremo ed un lieve tremito delle sue mani accusavano la sua agitazione. La donna ed il garzone rimasti, obbendendola ed imitandola, rendevano dei servigi molto efficaci.
      - Occorrerà certo del ghiaccio, - osservò, indirizzandosi al garzone. - Bisogna che tu vada subito a comprarne.
      Il medico la udí nell'entrare. Fece un cenno vivace di assentimento. Egli aveva già dato una rapida occhiata alla stanza, ai resti del banchetto, che si offrivano allora in uno strano disordine. Andò direttamente all'ammalato; lo esaminò, scosse il capo, aggrottò per un momento le sopracciglia.
      - Prima di tutto, - disse, - bisogna levarlo di qui, e porlo sul letto. Vogliamo provarci?
      Si accinsero all'opera in quattro. Poi, in camera, spogliarono Ferramonti. La vera cura cominciò soltanto piú tardi, con un'applicazione di sanguisughe e di ghiaccio alla testa.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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