Ella non sapeva se sarebbe riuscita. Cercava di costringere se stessa alla calma, per esser maggiormente sicura dei proprii tentativi.
Fu un'ardua impresa. Durante quasi un quarto d'ora, la giovine donna non seppe venirne a capo. Poi, quando meno se lo aspettava, lo sportello del forziere cedette, si aprí. Era stata l'impulsione di un movimento di collera, ch'ella non aveva saputo frenare, sul punto di dichiararsi vinta.
I suoi occhi restavano fisi sul forziere aperto, con una immobilità magnetica, mentre la sua fronte, di una bianchezza d'avorio, bagnavasi di sudore. Ma d'improvviso ebbe un moto felino: frugò il forziere; s'impadroní del foglio che cercava, piegato e deposto nel fondo; lo cacciò in tasca, senza esaminarlo. Poi richiuse, sbattendo lo sportello, e girando convulsamente la chiave. Una furia nervosa caratterizzava tutti i suoi movimenti, come una esasperazione di donna che ha paura d'esser sorpresa, e che vuol finirla. Quando poté ritrarre la chiave dalla serratura ed allontanarsi, le forze che l'avevano sostenuta le mancarono ad un tratto. Si gettò sopra la sedia piú vicina, respirò forte, comprimendosi colla mano il cuore.
Nella stanza, appena rischiarata da una candela sul comò, regnava un raccoglimento funebre, rotto da un alitar lieve e rantoloso dell'infermo, che conservava un'immobilità di cadavere. Uno sciapíto odore di sangue diffondevasi a poco a poco, saturava l'ambiente. Il dramma accaduto metteva la sua nota desolata sopra ogni oggetto, in ogni angolo, in quel silenzio dove un uomo moriva, ed una donna taceva, assorbita dai propri pensieri.
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