Bastava stabilire che il possessore della casa al Pellegrino avrebbe pagato in contanti agli altri eredi tremila lire, da cumularsi coi crediti, perché fossero assegnate sedicimilacinquecento lire al possessore della casa in Trastevere, e millecinquecento lire a quello della vigna. Restavano crediti per settemilacinquecento lire di lontana o dubbia riscossione. La sorte avrebbe deciso anche a questo riguardo dell'assegnazione delle tre parti uguali che se ne sarebbero fatte.
- Non si potrebbe imaginare nulla di meglio, - approvò Mario.
- Ciascuno pagherà la tassa di successione sulla parte che gli toccherà, - disse Furlin, invanito di non trovare obbiezione di sorta.
- Giusto! - fece Pippo.
- Allora non resta che stipulare l'atto relativo. Sarà l'affare d'un paio d'ore. Propongo la vendita del mobilio di papà. Servirà pel notaio.
- Pensi a tutto, - sorrise Mario.
- Ed occupiamoci dei capitali deposti alla Banca, - proseguí il cavaliere. - Ce ne sbrigheremo anche piú sollecitamente, se potremo ritirare i titoli senza che l'ufficio di registro se ne immischi. Penso io a risolvere la quistione, domani.
- Ma siamo certi che quel danaro ci appartenga veramente? - domandò Mario.
Gli altri sussultarono, guardandolo con occhi sospettosi ed accesi. Pippo fu il primo a rompere il silenzio.
- Che cosa ti bestemmii? - domandò: - che ne sai tu, per dire di queste sciocchezze?
- Ne so meno di te, - fece Mario sardonicamente. - È un'idea mia. Del resto, se dobbiamo dire che nessuno ci litigherà i capitali, diciamolo pure.
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