Rifletteva. Egli non aveva premeditato l'incontro col fratello, si era fermato sotto l'influenza di una forza misteriosa estranea al suo libero arbitrio, e sentiva che la stessa forza lo avrebbe ormai guidato quasi ogni giorno nella bottega di Pippo. Naturalmente, egli aveva mentito: la sua passione esigeva ch'egli si assicurasse i mezzi di riaccostarsi ad Irene in modo sicuro, ed al riparo dalla maldicenza, prima di morire.
XXI.
I due cognati s'incontrarono quindici giorni dopo. Fu appunto nella bottega di ferrarecce. Non si poteva, del resto, mettere assolutamente in dubbio la fortuità dell'incontro: era stato Pippo a farsi accompagnare dal fratello, incontrandolo al Corso per caso, e dimenticando che sua moglie doveva stare dai parenti. Ella trovò Mario, nell'entrare per dire qualche cosa al marito, prima di tornare a casa.
Tuttavia Mario ed Irene si rividero senza commozione apparente. Si ricambiarono un cenno di saluto, come due persone che non hanno fra loro nulla di comune. Mario si tenne in disparte, mentre la giovine donna parlava col marito, poi seguirono alcune frasi di colloquio generale sopra argomenti futili e di niun conto.
Irene si trattenne cosí, sei o sette minuti, colla sua espressione calma ed un po' grave. Pippo spiava la moglie ed il fratello, con un vago sogghigno d'uomo a cui non potrebbe sfuggire alcun segno compromettente. Ma l'esperimento dovette rassicurarlo: appena uscita la giovine donna, domandò a Mario:
- Come la trovi?
- Trovo che sei un marito fortunato, - rispose Mario ridendo.
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