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      - Perché non vieni qualche volta a trovarmi a casa? Hai forse paura che Irene ti mangi?
      - Non ne ha l'aria davvero! - disse Mario. - Ma ti viene un'idea matta. Non ti pare che la mia ricomparsa in casa di tua moglie solleverebbe un vespaio di pettegolezzi?
      - Allora se ne sono già fatti. Non vi siete trovati già insieme, tre o quattro volte qui, davanti al pubblico?
      - Quattro volte, se credi.
      - Meglio! E non vi siete presi pei capelli, mi pare. Questo è l'importante! Ai discorsi degli scioperati, chi ci dà retta?
      - Vuoi esser sincero? - domandò Mario.
      - A proposito di che?
      - Di tua moglie. È forse lei che ti ha suggerito di invitarmi?
      - T'assicuro di no. Ti voglio io proprio. Ho forse delle ragioni a volerti. Ti basta?
      - Allora sentiamo queste ragioni.
      Pippo gli rise sul viso. Com'era pronto, Mario, a montarsi la testa! Le ragioni erano che in bottega, e di giorno, perdevano ambedue del tempo prezioso, reclamato invece dai loro affari rispettivi. In casa si ciarla meglio sul piú e sul meno, comodamente seduti, magari con un buon bicchiere di vino dinnanzi. Insomma, egli aveva già avvisata Irene dell'invito; un rifiuto sarebbe stato assurdo ed egli lo avrebbe preso per un affronto personale.
      - Verrò, - concluse Mario.
      La bonarietà ostentata e chiassosa del fratello non lo aveva tratto in inganno. Pippo agiva senza dubbio per un secondo fine, abbastanza potente per fargli passar sopra alla stravaganza d'invitare in casa un uomo, impegnato in un litigio giudiziario contro sua moglie, cosí grave come era quello promosso appunto da Mario.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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