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      Sono degni del manicomio, quelli che si lasciano intenerire il cuore da un birbaccione in disdetta, ed arrischiano il proprio perché non affoghi. Lui, Pippo, non avrebbe dato un centesimo al suo parente piú stretto, se lo avesse visto morire di fame. Che serve? Era fatto cosí, lui! E gli pareva d'essere anche troppo leale e galantuomo a proclamarlo a viso aperto.
      Nella sua vita di avventuriero, Mario non aveva imparato mai a disistimare gli uomini, come lo imparava al contatto del fratello in quegli ultimi istanti terribili della propria esistenza. Fantasticava di andare a morir lontano, in alto mare, unicamente per evitare che Pippo potesse concorrere alle spese del suo funerale, od infliggere al suo cadavere l'ultimo sfregio di compassionarlo.
      Invece, egli vedeva ogni giorno il fratello, gli faceva un viso amico, ritornava in casa sua. Non si poteva imaginare una piú atroce ironia. E dire che vi sono degli imbecilli i quali credono che valga la pena di sopportare la vita mantenendosi onesti, ed empiendosi la bocca di paroloni vuoti di senso!
      Il primo appuntamento in casa di Pippo era stato fissato per tre giorni dopo la proposta e l'invito, ad un'ora di notte. Mario anticipò. Saliva le scale lentamente, con un sudor freddo sulla fronte, chiedendosi s'era possibile entrare in tale stato di subitanea agitazione. Doveva frenarla; dissimularla, per lo meno. Sul pianerottolo si dovette fermare, soffocato. Finalmente, con uno sforzo di volontà, riuscí a tirare il cordone del campanello.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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